11 November- 21 December

 

The world is full of objects, more or less interesting; I do not wish to add any more.

I prefer, simply, to state the existence of things in terms of time and/or space.

Douglas Huebler

In Palazzo Fagnani Ronzoni, THE POOL NYC presents Toreros d’Aujourd’huiStefania Fersini’s first solo exhibition in Milan. Describing Stefania Fersini’s (Aosta, 1982) brave meta-artistic and post-curatorial work, is an act of equal critical and narrative braveness. However, this young artist has already demonstrated an extreme elusive pictorial quality, playing with the enigma of recognition – of herself, of others – and with real and imaginary space conceptions. Mansions and historical palaces transformed with works as Mirror (Casa Mollino, Turin) and Vanitas (Palazzo Reale, Milan), are just two out of many examples.

For this particular installation – special, for every ascent is determined by growing risk – Fersini puts into effect her mimesis with the exhibition space, a slight repetition of the artist in others’s masterpieces; a process of fragmentation of herself in other artists works; a scenographer and editor awareness; a theatrical direction of an absent work.

In fact, Toreros d’aujourd’hui transforms Palazzo Fagnani Ronzoni, THE POOL NYC gallery’s exhibition site, in the same work presented by Fersini. A place that becomes etymologically domestic, home of pastel colours and innovative materials; a space that gets to a continuous déjà vu of partially and peripherally painted curtains and tapestries, with fictitious furnishings and paintings, playing in between expectations and reality, background and subject.

Actually, the “house” created by the artist is made of many works – both old and new, because time is a factor to keep in mind at every step in the labyrinthine reasoning – by Aldo Mondino, Hilario Isola and Gabetti and Isola: Fersini is omnipresent, working at the same time as a frame and a container for the above-mentioned works, suddenly revealing herself while keeping her typical elusivity. The subject represented in this work is connected to the work itself while being located in a different place. The subject, chosen by Fersini, is not in front of the canvas that could represent it, yet – maybe – in another room. The space between the object and its representation, the aesthetics of the observer’s deception by an omniscient and ironic narrator: the experience of the exhibition is in itself the work – indeed, the meta-work. Finally, this experience is intimately connected to the biography of the artists, in a continuous genealogical exchange between preceptors and successors; a genetic and hereditary relationship – Hilario Isola, as a matter of fact, plays his father’s intellectual legacy with his Aristotele. The exhibition’s name itself comes from a book by Aldo Mondino, specifically chosen for this occasion by her son Antonio.

With some clue-phrases from other authors – embroidered and painted with his calligraphy – Fersini calls out fathers and sons to an artistic and genetic dialogue of memes, in a framework made out of memories and references between space and time, guaranteeing extraordinary powers of wondering, attraction, inquiry and universality.

Federica Maria Giallombardo

Il mondo è pieno di oggetti, più o meno interessanti; non voglio aggiungerne altri. Preferisco, semplicemente, affermare l’esistenza delle cose in termini di tempo e/o spazio.

Douglas Huebler

 

Nelle sale di Palazzo Fagnani Ronzoni THE POOL NYC presenta Toreros d’Aujourd’hui, la prima mostra personale di Stefania Fersini a Milano. Descrivere l’audace impresa meta-artistica e post-curatoriale di Stefania Fersini (Aosta, 1982) è un atto di altrettanta arditezza critica e narrativa. Del resto, la giovane artista già ha dimostrato una qualità pittorica elusiva estrema, che gioca con l’enigma del riconoscimento – di sé, degli altri – e della concezione dello spazio reale e immaginario – si pensi alle dimore e ai palazzi storici trasformati grazie a opere come Mirror (Casa Mollino, Torino) e Vanitas (Palazzo Reale, Milano).

Per questa singolare installazione – particolare, perché ogni ascesa è determinata da un rischio maggiore – Fersini attua la sua mimesi con lo spazio espositivo in senso stretto: un ripetersi sottile in ogni capolavoro altrui; una frammentazione di sé negli altri; una consapevolezza da scenografa e curatrice; una regia teatrale di un’opera assente, plasmata di vuoti quanto di quotidiani. Infatti, Toreros d’aujourd’hui trasforma Palazzo Fagnani Ronzoni, sede espositiva della galleria THE POOL NYC, nella stessa unica opera di Fersini presentata. Un luogo che diventa etimologicamente domestico, alcova di tinte pastello ed elementi riconoscibili; uno spazio che diviene un perpetuo déjà vu di tende e tappezzerie dipinte parzialmente e in maniera periferica, con mobili e quadri fittizi, che gioca sull’ambivalenza di aspettativa e realtà, sfondo e soggetto, margine e protagonismo. Effettivamente, la “casa” ideata dall’artista è composta da alcuni lavori – vecchi e nuovi, e il fattore tempo è da tenere presente a ogni passo nel labirintico ragionamento – di Aldo Mondino, Hilario Isola e Gabetti e Isola: Fersini è onnipresente, facendo da cornice e da contenitore delle opere dei suddetti, svelandosi a tratti e ricreando la costante elusività che la rappresenta. Ciò che viene rappresentato sull’opera sarà un oggetto legato all’opera stessa e dislocato in spazi diversi. L’oggetto, selezionato da Fersini, non si troverà davanti alla tela che lo potrebbe raffigurare, ma in un’altra stanza. La ricerca, nello spazio, dell’armonia dell’esposizione e della riflessione; lo scampolo tra l’opera reale e quella riprodotta; l’estetica dello scacco dell’osservatore da parte di una narratrice onnisciente e ironica: l’esperienza della mostra è di per sé l’opera – anzi, la meta-opera.

Si aggiunga infine che l’esperienza è intimamente connessa a quella biografica degli artisti, in un continuo scambio genealogico tra precettori e successori; una relazione genetica e artisticamente ereditaria – Hilario Isola, ad esempio, interpreta il lascito intellettuale del padre con il suo Aristotele. Persino il titolo della mostra deriva dal nome di un libro appartenuto ad Aldo Mondino, appositamente scelto da suo figlio Antonio per questa occasione. Con le frasi-indizi di altri autori – ricamate e dipinte con la sua calligrafia – Fersini invita padri e figli a un dialogo artistico e genetico di memi, in un teatro di ricordi e rimandi tra spazio e tempo, garantendo straordinari poteri di meraviglia, attrazione, interrogazione e universalità.

Federica Maria Giallombardo